LE CAUSE DEGLI ATTACCHI DI PANICO

Ad innescare un attacco di panico si ritiene che concorrono diversi fattori in combinazione. Molto probabilmente, il primo attacco di panico è preceduto da eventi stressanti, sia di natura fisica che psichica, come: problemi lavorativi (licenziamenti, retrocessioni, difficoltà economiche), problemi affettivi (separazioni, divorzi, litigi col partner), lutti, malattie, condizioni di affaticamento dell’organismo (abuso di sostanze o alcol, particolari terapie farmacologiche, superlavoro, insonnia, diete drastiche); ma anche eventi correlati a maggiori responsabilità ( promozioni lavorative, matrimonio, nascite di figli).
E’ chiaro che l’ansia non scatena in tutti attacchi di panico, ed è per questo che per fornire una spiegazione della loro origine si pensa al concorso di altri elementi quali le caratteristiche di personalità, bassa resilienza (capacità di resistenza allo stress), caratteristiche fisiologiche che possono predisporre all’iperventilazione derivanti, ad esempio, da modalità di respirazione non corretta.
Le personalità con tratti ansiosi sono quelle maggiormente predisposte agli attacchi di panico. L’ansia nella maggior parte dei casi è solo un disturbo che  occasionalmente e temporaneamente può colpire chiunque (ansia di stato), ma in alcuni soggetti può rappresentare anche una  modalità  costante di rapportarsi alla realtà, che si è strutturata fin dall’infanzia. Diverse ricerche  hanno infatti dimostrato che esiste una certa continuità dei disturbi d’ansia dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta. La personalità con tratti ansiosi è descritta come eccessivamente sensibile, emotiva, tendente facilmente  a preoccuparsi o angosciarsi anche in circostanze del tutto normali. Tali individui che presentano un’ansia di tratto, strutturano una modalità relazionale peculiare dell’individuo, non patologica, che va a caratterizzare la sua personalità.
Altro fattore importante che può contribuire all’innesco e al mantenimento del disturbo di panico può essere la tendenza all’iperventilazione, cioè la condizione fisiologica alterata provocata da una respirazione più intensa e veloce, il cui effetto è di provocare una diminuzione dell’ anidride carbonica nel sangue. Il livello di anidride carbonica ematico dipende dalla modalità con cui respiriamo (frequenza del ritmo respiratorio, volume dell’aria inspirata attraverso respiri profondi o superficiali, respirazione addominale o toracica, ecc.). L’iperventilazione, aumento del ritmo respiratorio, non produce  un incremento significativo di ossigeno nel sangue, ma una diminuzione del tasso di CO2 nel sangue e nei polmoni. In condizioni normali il sangue che lascia i polmoni è completamente saturato di ossigeno, quindi l'iperventilazione non può aumentare la quantità di ossigeno disponibile. Un abbassamento della concentrazione di CO2 aumenta invece il tempo che passa prima che i centri respiratori vengano stimolati, non facendo avvertire  la "fame d'aria", dato che è proprio la quantità di questo composto che informa il sistema nervoso centrale riguardo la necessità di respirare nuovamente; ritardando quindi lo stimolo ventilatorio, l'ossigeno presente può così scendere a valori troppo bassi determinando sintomi quali  formicolio agli arti e alle mani, oppressione al petto, agitazione e spasmi, sintomi tipici dell’attacco di panico. Ecco perché rieducare il respiro attraverso tecniche ed esercizi specifici diventa fondamentale per modificare quelle condizioni di base (iperventilazione) che possono determinare l’insorgenza di un attacco di panico.

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