Come migliorare il nostro rapporto col cibo
Il nostro rapporto col cibo è veramente complesso. Mangiare non è solo una funzione biologica attraverso la quale introduciamo nell’organismo i nutrienti che servono a far funzionare in maniera ottimale il nostro corpo e la nostra mente, ma anche un comportamento complesso che riguarda la sfera psicologica, comportamentale e sociale.
L’organismo umano ha continuamente, in condizioni normali, bisogno di stimoli. Possiamo dire che siamo sempre “affamati “di stimoli. In alcuni esperimenti , individui sottoposti a totale assenza di stimolazioni producono reazioni mentali ed emotive negative, se non segni di psicosi. L’unità di riconoscimento che procura stimolazione ad un individuo possiamo definirla “carezza”, termine utilizzato dallo psicoterapeuta Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale. Le carezze con cui “alimentiamo” il nostro organismo e forniamo le giuste stimolazioni sono fondamentalmente di due tipi, carezze esterne e interne. Le carezze esterne ce le forniscono gli altri, e riguardano i nostri bisogni di essere accarezzati fisicamente, ascoltati, di fare l’amore, di essere riconosciuti come persone, di essere apprezzati per quanto facciamo o realizziamo. Le carezze interne sono quelle che possiamo fornire a noi stessi attraverso i nostri sensi : leggere un libro che ci piace, vedere un bel film, fare movimento, ascoltare la musica che amiamo, gustare un cibo saporito. È inutile sottolineare che funzioniamo bene quando riceviamo carezze sia esterne che interne con modalità varia, frequente e soddisfacente. Le carezze esterne, psicologicamente sono di qualità superiori a quelle interne, che fungono da “banca delle carezze”, utilizzabili quando quelle esterne non sono sufficienti o adeguate. Le carezze hanno anche un valore o peso diverso: dire semplicemente “Buongiorno” per strada a qualcuno, come carezza può avere valore uno. Dire ad un amico o ad una persona amata “Mi piaci così come sei!” può avere valore cento. Può accadere talvolta di trovarci in condizioni particolari in cui mancano questi tipi di stimolazioni, o non siamo in grado di riceverne, o forse di chiederle agli altri, e ciò può produrre una condizione di disagio o di ansia. Alcune volte ricorriamo al cibo per compensare qualche carenza che non riguarda il nostro metabolismo ma piuttosto qualche altro desiderio. Poiché il cibo è sempre alla nostra portata e disponibile, ecco che allora ricorriamo ad uno snack , in modo automatico perdendo subito il contatto con ciò di cui avevamo bisogno realmente. Forse crediamo di aver e fame ma in realtà ci sentiamo inconsapevolmente annoiati, ansiosi , soli o persino sconvolti. Siamo molto abili a camuffare le nostre reali esigenze, non accorgendoci che il cibo è diventato un ripiego per qualcosa d’altro che manca. Quando mangiamo, non per fame, possiamo accorgerci che il più delle volte non c’è nessuna quantità di cibo che può soddisfarci. Anzi talvolta questo comportamento contribuisce ad amplificare i nostri sentimenti negativi – lasciandoci fortemente insoddisfatti. Questa abitudine ci lascia molto meno in contatto con le reali esigenze del corpo, e spesso ci fa sentire confusi. Quello di cui veramente avevamo bisogno forse era di un bel pianto, un bel libro, il sostegno di un amico, una passeggiata, un abbraccio, di riposare o di imparare a godere di cose che abbiamo ma ce ne siamo dimenticati.
Se sono ansioso, facendo un po’ di movimento ,forse mi può aiutare di più? Se mi sento solo, potrei chiamare o anche chattare con un amico? Se mi annoio, forse potrei leggere quel libro che rimando da tempo, guardare un programma televisivo preferito, scrivere una poesia o concludere un lavoro che ho lasciato in sospeso?
Posso riscoprire che ci sono tanti modi più sani, interessanti, creativi e salutari con cui possiamo rispondere ai nostri bisogni, esigenze e desideri. Modi che onorano e rispettano meglio il nostro corpo e noi stessi.
Il cibo è sicuramente una di queste possibilità ma non la sola, e se ripetutamente trasformiamo il cibo in sostitutivo di altre “carezze”, ciò può abituarci a smorzare i sentimenti reali, rendendoci meno sensibili alle richieste dell’organismo. Le nostre esigenze reali, restano disattese, e raramente ci si sente meglio. Il cibo può essere gratificante a volte, senza dubbio, ma non è in grado di soddisfare tutte le nostre esigenze e di compensare tutte le carezze di cui abbiamo bisogno.
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