GLI ATTACCHI DI PANICO



"Improvvisamente, ho sentito come un'ondata enorme di paura salire dentro me, senza  nessuna ragione. il mio cuore batteva all'impazzata, sentivo una forte oppressione al petto, mentre i pensieri si confondevano  ed è stato sempre più difficile respirare. Mi sono sentito come paralizzato ed ho pensato che stavo per morire. Tutto ciò mi è durato, forse, pochi minuti, ma mi è sembrato un’eternità"  Questa è la descrizione drammatica quanto intensa dell’ esperienza di un attacco di panico riportata da un paziente.

Tale esperienza è una delle più dolorose e terrorizzanti che una persona può sperimentare, i suoi sintomi  possono imitare del tutto quelli di un attacco cardiaco . Gli attacchi di panico possono essere sintomi di un disturbo d'ansia. Sono un grave problema di salute poiché rappresentano la più comune patologia psichiatrica . Si calcola che nei  paesi occidentali circa  un quinto della popolazione abbia almeno una volta sofferto di attacchi di panico. Le donne ne soffrono con frequenza maggiore, circa il doppio rispetto agli uomini, e l’età di picco per l’insorgenza è massima intorno ai 15-19 anni. Questo disturbo è diverso dagli altri disturbi d’ansia poiché manifesta sintomi che insorgono in modo improvviso ed inaspettati ed apparentemente non causati da alcuna ragione.
Essere colpiti da un attacco di panico è un'esperienza abbastanza frequente che può anche non ripetersi più. Quando però l'attacco di panico tende a ripetersi, può sfociare nel disturbo da attacchi di panico.
Questo disturbo è diffuso nella popolazione con percentuali fino al 3.5%, e  può essere diagnosticato anche nei bambini con una frequenza più bassa rispetto agli adulti,  circa lo 0.7%.
Chi ha avuto un attacco di panico, per esempio, durante la guida, in un centro commerciale  affollato, o salendo in ascensore, può sviluppare successivamente paure irrazionali, chiamate fobie , nei confronti di tali situazioni e cominciare ad evitarle. Alla fine, lo schema di evitamento  e il livello di ansia, riguardo la possibilità di subire un altro attacco,  possono raggiungere un punto per cui la sola idea di impegnarsi in attività che hanno immediatamente  preceduto il primo attacco di panico, può  provocare attacchi di panico futuri, con la  conseguenza che  l'individuo con disturbo di panico rinuncia, ad esempio, a guidare o ad uscire di casa. 
Nei bambini gli attacchi di panico possono determinare il rifiuto di andare a scuola o di separarsi dai genitori anche solo temporaneamente.
I sintomi che caratterizzano un attacco di panico sono vari :
Senso di oppressione o dolori al torace ;

palpitazioni cardiache;
difficoltà di respiro , sensazione  di soffocamento;
formicolio o intorpidimento alle mani o alle braccia ;
dolore allo stomaco ;
vertigini , stordimento , nausea ;
vampate di calore o brividi ;
tremore e agitazione;
sensazioni di irrealtà (derealizzazione), di essere in un sogno o distorsioni percettive;
 bisogno di fuggire;
terrore, una sensazione che qualcosa di inimmaginabile e di orribile sta per accadere e si è impotenti per prevenirlo;
ansia e timore di perdere il controllo e fare qualcosa di imbarazzante;
paura di morire.
La durata di un attacco di panico può variare notevolmente, ma nella maggior parte dei casi  dura poco più di 10 minuti.
Solitamente  la maggior parte di coloro che hanno un attacco  di panico, hanno una forte probabilità di averne  altri, e talora quando questi episodi si verificano in modo ripetuto, senza altra causa apparente fisica o emotiva, si può sviluppare una forte ansia per il timore che possa ricapitare l’esperienza. Diversi altri problemi emotivi possono comportare come sintomatologia un  attacco di panico. Alcune di queste malattie sono il disturbo post-traumatico  da stress (PTSD), la schizofrenia , stati  di  intossicazione o le crisi d’astinenza da alcune droghe
Alcune condizioni patologiche, come le disfunzioni della tiroide e l’ anemia , così come alcuni farmaci,  sono in grado di scatenare ansia intensa. Esempi di tali farmaci sono alcuni stimolanti come il metilfenidato (Ritalin), farmaci per il diabete, come la metformina e l’insulina, farmaci antimalarici come la chinina. Anche la sospensione, dopo lunga  assunzione, di corticosteroidi, quali il l desametasone (Decadron), può causare sintomi tipici dell’attacco di panico. Alcuni casi di insorgenza degli attacchi di panico sono stati attribuiti anche all'impiego di additivi alimentari come l’aspartame , da soli o in combinazione con coloranti alimentari, ma sono necessarie ulteriori ricerche per meglio comprendere il ruolo che tali sostanze possono avere in questo disturbo.
L’attacco  di panico di per sé non genera danni organici, ma studi statistici hanno evidenziato che una cronicizzazione può comportare nei soggetti un più alto rischio di andare incontro ad anomalie della valvola cardiaca  come il prolasso della valvola mitrale.
Gli attacchi di ansia che possono insorgere durante il sonno , vengono chiamati anche attacchi di panico notturni, si verificano meno frequentemente degli  attacchi diurni, ma colpiscono circa il 40% -70% di coloro che soffrono della forma diurna. Questo sintomo è importante anche perché le persone che soffrono di sintomi di panico durante il sonno tendono ad avere più difficoltà respiratorie associate  al panico. Essi tendono inoltre a sperimentare maggiormente  sintomi  di tipo depressivo e  altri disturbi psichiatrici rispetto alle persone che non hanno attacchi di panico durante la notte. Gli attacchi di panico notturni tendono a causare risvegli improvvisi in uno stato di paura improvvisa e senza un motivo apparente. In contrasto con le persone che soffrono di apnea notturna e altri disturbi del sonno, chi soffre di panico notturno può presentare  tutti gli altri sintomi di un attacco di panico. La durata degli attacchi di panico notturni tende ad essere inferiore ai 10 minuti, ma può richiedere molto più tempo al paziente  per calmarsi completamente rispetto agli attacchi diurni.


Le cause degli attacchi di panico
Ad innescare un attacco di panico si ritiene che concorrono diversi fattori in combinazione. Molto probabilmente, il primo attacco di panico è preceduto da eventi stressanti, sia di natura fisica che psichica, come: problemi lavorativi (licenziamenti, retrocessioni, difficoltà economiche), problemi affettivi (separazioni, divorzi, litigi col partner), lutti, malattie, condizioni di affaticamento dell’organismo (abuso di sostanze o alcol, particolari terapie farmacologiche, superlavoro, insonnia, diete drastiche); ma anche eventi correlati a maggiori responsabilità ( promozioni lavorative, matrimonio, nascite di figli). E’ chiaro che l’ansia non scatena in tutti attacchi di panico, ed è per questo che per fornire una spiegazione della loro origine si pensa al concorso di altri elementi quali le caratteristiche di personalità, bassa resilienza (capacità di resistenza allo stress), caratteristiche fisiologiche che possono predisporre all’iperventilazione derivanti, ad esempio, da modalità di respirazione non corretta.
Le personalità con tratti ansiosi sono quelle maggiormente predisposte agli attacchi di panico. L’ansia nella maggior parte dei casi è solo un disturbo che  occasionalmente e temporaneamente può colpire chiunque (ansia di stato), ma in alcuni soggetti può rappresentare anche una  modalità  costante di rapportarsi alla realtà, che si è strutturata fin dall’infanzia. Diverse ricerche  hanno infatti dimostrato che esiste una certa continuità dei disturbi d’ansia dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta. La personalità con tratti ansiosi è descritta come eccessivamente sensibile, emotiva, tendente facilmente  a preoccuparsi o angosciarsi anche in circostanze del tutto normali. Tali individui che presentano un’ansia di tratto, strutturano una modalità relazionale peculiare dell’individuo, non patologica, che va a caratterizzare la sua personalità.
Altro fattore importante che può contribuire all’innesco e al mantenimento del disturbo di panico può essere la tendenza all’iperventilazione, cioè la condizione fisiologica alterata provocata da una respirazione più intensa e veloce, il cui effetto è di provocare una diminuzione dell’ anidride carbonica nel sangue. Il livello di anidride carbonica ematico dipende dalla modalità con cui respiriamo (frequenza del ritmo respiratorio, volume dell’aria inspirata attraverso respiri profondi o superficiali, respirazione addominale o toracica, ecc.). L’iperventilazione, aumento del ritmo respiratorio, non produce  un incremento significativo di ossigeno nel sangue, ma una diminuzione del tasso di CO2 nel sangue e nei polmoni. In condizioni normali il sangue che lascia i polmoni è completamente saturato di ossigeno, quindi l'iperventilazione non può aumentare la quantità di ossigeno disponibile. Un abbassamento della concentrazione di CO2 aumenta invece il tempo che passa prima che i centri respiratori vengano stimolati, non facendo avvertire  la "fame d'aria", dato che è proprio la quantità di questo composto che informa il sistema nervoso centrale riguardo la necessità di respirare nuovamente; ritardando quindi lo stimolo ventilatorio, l'ossigeno presente può così scendere a valori troppo bassi determinando sintomi quali  formicolio agli arti e alle mani, oppressione al petto, agitazione e spasmi, sintomi tipici dell’attacco di panico. Ecco perché rieducare il respiro attraverso tecniche ed esercizi specifici diventa fondamentale per modificare quelle condizioni di base (iperventilazione) che possono determinare l’insorgenza di un attacco di panico.

 La  terapia degli attacchi di panico 
Per affrontare il disturbo di panico si  ricorre alla psicoterapia, all’intervento farmacologico, oppure ad una integrazione tra le due. Nella terapia farmacologica, i farmaci più comunemente usati sono gli antidepressivi  (gli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO), i  triciclici (TCA) e gli  inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) insieme alle benzodiazepine (alprazolam). La terapia farmacologica prevede una fase d’impostazione, che tende a bloccare gli attacchi di panico, una fase di consolidamento della terapia, ed una fase di prevenzione di riacutizzazioni e recidive, per una durata di 6-8 mesi, fase in cui da diversi è rigorosamente necessario associare il trattamento farmacologico ad una psicoterapia (Sarti M., Galassi F., Puccetti F., Bartolini S. (2000). La sospensione farmacologica avviene in modo graduale e progressivo, non senza miglioramenti consistenti e non prima degli 8-12 mesi. La terapia farmacologica da sola non cura gli attacchi di panico ma riduce le risposte neurovegetative del sistema nervoso associate ad alcuni sintomi. Comporta diversi svantaggi che possono essere riassunti nel rischio di dipendenza, negli effetti secondari indesiderati, ed in un consistente tasso di ricaduta successivo al trattamento farmacologico, che oscilla tra il 20%  fino all'80%, qualora la terapia farmacologica sia interrotta prima o non venga conclusa. Un altro problema è che alcuni eventuali effetti collaterali dei farmaci possono essere interpretati dai pazienti come segnali di un imminente attacco di panico, portandoli ad interrompere precocemente la terapia. E’ fondamentale per il paziente, sia che decida di ricorrere ai farmaci o meno, che affronti il suo disturbo rivolgendosi ad uno psicoterapeuta affiancandolo, nel primo caso, anche alla terapia farmacologica.

La Psicoterapia degli Attacchi di Panico: l’Approccio Integrato.
Gli approcci tradizionali terapeutici fondamentalmente prevedono le tecniche cognitivo-comportamentali e l’approccio dinamico. Esiste in psicoterapia un Approccio Integrato, che utilizzo personalmente, dal punto di vista statistico altamente efficace nella cura degli attacchi di panico. L’approccio integrato  combina diverse tecniche utilizzate nella prassi terapeutica per lo più separatamente: 1) tecniche ad indirizzo corporeo per la ricognizione, gestione e controllo del sintomo (tecniche di respirazione per il controllo degli stati psicofisici; rilassamento  profondo; tecniche di visualizzazione). 2) tecniche cognitive-comportamentali e di rieducazione delle risposte  (strategie di copyng, riconoscimento degli schemi disfunzionali che innescano e sostengono le risposte sintomatiche,  rielaborazione cognitivo-emozionale dell’esperienza traumatizzante, esposizione graduale agli stimoli scatenanti), 3)lavoro più profondo sugli aspetti della personalità sui quali si strutturano le situazioni problematiche che alimentano i conflitti alla base della sintomatologia. 
Le tecniche ad indirizzo corporeo mirano soprattutto a rieducare la respirazione, dato che, come abbiamo visto, una respirazione non corretta può produrre condizioni di iperventilazione che possono innescare o sostenere il disturbo di panico. Il respiro è una funzione fisiologica che è sia sotto il controllo del sistema nervoso involontario che di quello volontario. Imparando attraverso tecniche a controllare in modo volontario il ritmo, la frequenza ed il volume del respiro, si può determinare un controllo dei propri stati  psico-fisici, producendo condizioni di tranquillità che hanno l’effetto di modificare quelle condizioni che predispongono all’iperventilazione, ma anche di indurre stati di profondo rilassamento che migliorano lo condizione  di base dell’ansia.  Efficaci si sono rivelate, nella mia personale esperienza, alcune tecniche respiratorie caratteristiche del rebirthing e del pranayama, derivante dalla tradizione yogica, che oltre a ripristinare una corretta  respirazione addominale  mirano anche a modificare la percezione del proprio corpo (ritmi fisiologici, stimoli e sensazioni) che spesso nel paziente risulta alterata, per cui sensazioni interne  innocue sono decodificate e percepite come “pericolose” o “minacciose”, innescando una reazione a cascata che può sfociare nell’attacco di panico. Le tecniche respiratorie sono associate in modo sinergico  a tecniche progressive  di rilassamento profondo, supportate da esercizi di visualizzazioni.
Le tecniche di natura cognitivo-comportamentale comprendono un lavoro di rieducazione e di informazione che aiuterà il paziente a ridurre i timori catastrofici legati ai preconcetti che si è costruito rispetto alla sua sintomatologia (ad esempio, la paura di morire o di impazzire), a rielaborare le  esperienze di vita reale relativi alle modalità con cui vive le situazioni  ansiose o  fobiche, mentre la ristrutturazione cognitiva mira all'identificazione e alla probabile origine delle sensazioni temute e / o qualsiasi disinformazione sul significato delle sensazioni. Per esempio, molte persone con disturbo di panico hanno delle convinzioni negative, o distorsioni cognitive , su se stessi e  sul  mondo che li circonda. Questo modo di pensare disfunzionale  spesso contribuisce a comportamenti disadattivi, come evitare situazioni temute, che invece hanno proprio l’effetto di sostenere  il disturbo di panico.
Le tecniche cognitive pur essendo molto utili per ottenere miglioramenti rapidi del disturbo, non sempre risolvono il problema definitivamente. Spesso il sintomo nel paziente col disturbo di panico può possedere una struttura più complessa ed esprimere una condizione conflittuale radicata in aspetti più profondi della sua personalità che possono riguardare  l’autonomia, le relazioni, la dipendenza riguardo le figure significative, genitori o partner, le modalità di esprimere le proprie emozioni. Risalire dai sintomi al conflitto di base  ed affrontarlo rapidamente attraverso l’approccio dell’analisi transazionale o della terapia gestaltica spesso significa rimuovere la struttura di base che sostiene l’impianto sintomatologico. Questo lavoro può svolgersi parallelamente a quello del controllo dei sintomi ma solamente dopo un miglioramento iniziale del paziente.
 L’ approccio integrato dà al terapeuta in definitiva maggiori  possibilità di scegliere la modalità  di intervento più opportuna ed efficace per ciascuno, poiché vi sono pazienti inizialmente più ricettivi alle tecniche corporee di rilassamento  e di respirazione, mentre altri conseguono maggiori benefici lavorando sulla ristrutturazione emotivo-cognitiva degli aspetti disfunzionali che sostengono il disturbo. Questa possibilità di diversificare ed adattare la modalità di intervento consente al paziente di ottenere benefici sostanziali in tempi brevi  e  di evitare recidive.

Dr.Pasquale Rossi



Commenti

Post più popolari