Psicologia dell'amore
Quando finisce un amore
La crisi della relazione amorosa e l' elaborazione della perdita

Le cause che determinano la fine di un rapporto amoroso sono molteplici : difficoltà di comunicazione, scarsa intimità, fiducia, impegno o rispetto venuti meno, insoddisfazione sessuale, atteggiamenti di  prevaricazione o di violenza psicologica o fisica.


L’amore non è statico ma come tutte le relazioni  si modifica e si trasforma nel tempo, come  del resto noi stessi cambiamo. I cambiamenti rispetto agli obiettivi di vita, al modo di pensare, ai comportamenti sociali, il più delle volte non avvengono in modo sincrono tra i partner e da ciò possono scaturire tensioni e conflitti nella coppia che possono successivamente anche sfociare in una crisi della relazione. Le crisi possono essere opportunità di  crescita o portare alla fine della relazione. Alcune volte si è consapevoli delle cause che hanno determinato la crisi ma più spesso le spiegazioni che si  ricevono dal partner (o che si danno) nel porre fine ad un rapporto,  sono spesso poco veritiere. A volte, la verità è evitata perché appare troppo dura da reggere. Altre volte, la vera ragione non viene colta  neanche da chi  chiude un rapporto, poiché la crisi trae origine da una serie di profonde ed inconsce disfunzioni o carenze personali, come insicurezza o paura dell’intimità.  Qualunque sia la ragione alla base di una crisi, il partner che ha deciso di terminare una relazione, spesso può assumere una posizione irremovibile, nonostante l’altro possa sforzarsi di mettere in atto cambiamenti o solamente dice di volerlo fare. Anche quando il rapporto si estingue gradualmente nel tempo, attraverso una serie di  ricorrenti  riconciliazioni e rotture, dopo la conclusione definitiva chi  è stato lasciato, può ritrovarsi uno stato di grande sofferenza o di sconvolgimento emotivo. La decisione di separarsi viene presa infine perché si spera così di ottenere una qualità di vita migliore per sé, per il proprio partner e per i figli.

Le emozioni che si vivono quando finisce un amore sono intense e travolgenti ma si differenziano a seconda che la separazione avvenga all’inizio del rapporto o in una fase successiva. Nei diversi casi mutano anche le possibilità e le opportunità di elaborare e superare l’esperienza nel migliore dei modi.
Quando una relazione amorosa termina già nelle prime fasi del rapporto, l’esperienza che si vive può essere drammatica e devastante. Spesso essa genera una sofferenza di gran lunga sproporzionata rispetto all'evento reale, con forte malessere e somatizzazioni. Per tutta una serie di ragioni, quando si perde un amore che è appena cominciato spesso ci si sente come se la stessa vita  stesse cadendo a pezzi e prevale la convinzione che non si potrà più essere felici.  Questa modalità di reazione riguarda soprattutto giovani ed adolescenti.
Le persone che perdono l'amore dopo diverso tempo dall’inizio del rapporto, anche dopo decenni, in un fase adulta o anziana della propria vita, tendono a sperimentare la sofferenza  della  perdita in un modo sostanzialmente diverso rispetto agli amori di gioventù (in cui il vissuto emozionale è molto intenso).  Ci si sofferma sulle cose o le persone che si perdono assieme al partner: figli, casa o altri beni materiali, stili di vita e amici comuni. Anche se la perdita di queste cose comporta egualmente frustrazione e sofferenza, ciò che si prova non assume quella caratterizzazione così  drammatica, come nel primo caso. La maggior parte delle persone diventa in  grado di comprendere attraverso la sofferenza, che la vita andrà avanti, che potranno di nuovo essere felici un giorno, come anche le statistiche degli studi di psicologia sociale dimostrano. Quando si perde l'amore alla fine della vita, il più delle volte a causa della morte del coniuge o compagno di vita, il recupero tende ad essere altrettanto difficile come quando si è adolescenti o giovani adulti, ma sostanzialmente per motivi diversi. Pur non vivendo intense emozioni come quando si è più giovani, l’esperienza della perdita del compagno in un anziano può essere devastante. Essa  mette al cospetto della possibilità della propria  fine, ravvicinandola psicologicamente, allorquando anche  le  condizioni fisiche e  la fiducia in se stessi non sono come erano una volta. Il  proprio ambito di interessi e  di relazioni  sociali  spesso  è  ridotto, e la convinzione che senza il  compagno di vita possa diventare più difficile recuperare può diventare pensiero dominante.
 Il dolore che si vive alla fine di un amore con la conseguente separazione è inevitabile, ma sia che si abbia sedici o sessant’anni anni, ogni relazione che finisce può diventare possibilità  per nuove sfide e  nuove opportunità. Dalla crisi stessa, può nascere l’occasione di scoprire aspetti di sé nuovi, sia negativi come atteggiamenti limitanti o dannosi ma anche risorse e potenzialità inespresse.
 Ci sono però emozioni intense da elaborare, come quelle che si affrontano in un vero e proprio lutto. Si attraversano delle fasi psicologiche tipiche e comuni, che sono state studiate da diversi autori, tra cui Bowlby. Dopo un atteggiamento di negazione iniziale, chi viene lasciato di solito rifiuta di accettare lo stato delle cose e fa di tutto per recuperare la relazione. Si provano sentimenti ed emozioni intense di angoscia, collera, rancore, rabbia e si mettono in atto comportamenti regressivi e contrastanti come implorare l’altro o minacciarlo a tornare insieme; in taluni casi si coltivano dentro di sé sentimenti di vendetta e di odio. Successivamente si cerca di resistere in ogni modo alle decisioni prese dall’altro partner, anche con sotterfugi e inganni. Il riconoscimento che la relazione è irrimediabilmente finita conduce poi ad un periodo di depressione con sentimenti di sconforto, abbattimento, delusione e in molti casi sensi di colpa. Solo successivamente, in un periodo valutabile in alcuni mesi, si affievoliscono le emozioni negative passando ad una fase di elaborazione di quanto è successo. In questa fase si comincia ad intravedere la possibilità di cominciare un nuovo corso di vita. Queste fasi rappresentano il normale processo di elaborazione del lutto. Molte volte però per una serie di problematiche personali irrisolte e preesistenti alla relazione, malessere e sofferenza vengono acuite e protratte per tempi più lunghi. In alcuni casi si può restare legati ad una delle fasi di elaborazione senza elaborare del tutto l’esperienza. Questa condizione molto logorante può essere causata inoltre dal fatto che la separazione fisica non coincide con quella psicologica: si può restare a vivere fisicamente insieme, come  ad esempio nella condizione di “separati in casa”, pur non avendo voglia di condividere niente con l’altro, mantenendo più o meno repressi  sentimenti di risentimento e rancore verso il partner, non favorendo il processo di separazione definitiva, restando come congelati in una impasse emozionale.
Ci sono esperienze di vita che segnano fortemente qualsiasi persona, in cui il dolore è inevitabile. Ma in altre circostanze, possiamo noi stessi creare ostacoli, impedimenti e blocchi che intensificano il dolore spesso inconsapevolmente. C’è un aforisma dell’antica “psicologia” buddista che riconoscendo questa verità  recita così: “Godi per quello che c’è da godere e soffri per ciò che hai da soffrire”.  È tutto qui.
Se la sofferenza quando si perde l’amore è inevitabile, forse un atteggiamento di maggiore autostima e di autoprotezione può attenuare il dolore. Anche attraverso il contributo dell’esperienza della psicoterapia, sappiamo che ci sono delle tappe necessarie da affrontare e superare, per guarire completamente le ferite della perdita in amore. é importante realizzare sempre la separazione psicologica, che è un processo individuale, indipendente dalle motivazioni o comportamenti dell’altro partner. E’ necessario inizialmente poter riconoscere ed esprimere i forti sentimenti e le emozioni che emergono.  È importante esprimere con qualche persona amica o cari, la delusione, la rabbia, ed il vissuto di fallimento che si stanno vivendo. Le emozioni quando sono portate fuori, smettono di produrre i loro effetti negativi sul corpo e sulla mente. ( il termine emozione deriva dal latino  emovere , portare fuori ). È solo così che si può successivamente esprimere perdono verso se stessi ed accettazione di quanto accaduto. Tranne pochi casi, la responsabilità di una relazione che finisce va condivisa. Perdonare se stessi significa assumersi le proprie responsabilità, riconoscendo i propri errori ed anche quelli dell’altro partner. Perdonando se stessi è possibile forse comprendere le ragioni, assieme agli errori, anche dell’altro partner per giungere al  perdono dell’altro. Questo consente di liberarsi dalle emozioni parassitarie (che persistono per molto tempo) del risentimento e del rancore. È di aiuto poi poter fare una sintesi della propria storia, andando alla ricerca delle motivazioni profonde della separazione.
Inizialmente ogni relazione nasce come possibilità di arricchire e far crescere entrambi i partner. Dopo la separazione è importante scoprire quali processi di crescita. avviati nella relazione, si sono bloccati in seguito alla separazione . Facendo così si possono riconoscere ed accettare quegli elementi e aspetti positivi, che indipendentemente dal l’esito finale della relazione , si erano prodotti. Solo così è possibile riprendere alla fine della fase di elaborazione, maggiore consapevolezza di sè e  della nuova condizione, cominciando a programmare nuovi obiettivi per la propria vita futura.



il mio personale contributo all'ultimo incontro seminariale  Il Bianco e Nero dell'Amore- Le Forme dell'Addio del  28/6/2014   presso l' Officina delle Idee ad Angri
Pasquale Rossi







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