Psicologia dell'amore
Quando finisce un amore
La crisi della relazione amorosa e l' elaborazione della perdita
Ci sono però emozioni intense da elaborare,
come quelle che si affrontano in un vero e proprio lutto. Si attraversano delle
fasi psicologiche tipiche e comuni, che sono state studiate da diversi autori,
tra cui Bowlby. Dopo un atteggiamento di negazione
iniziale, chi viene lasciato di solito rifiuta di accettare lo stato delle
cose e fa di tutto per recuperare la relazione. Si provano sentimenti ed
emozioni intense di angoscia, collera, rancore, rabbia e si mettono in atto comportamenti
regressivi e contrastanti come implorare l’altro o minacciarlo a tornare
insieme; in taluni casi si coltivano dentro di sé sentimenti di vendetta e di
odio. Successivamente si cerca di resistere
in ogni modo alle decisioni prese dall’altro partner, anche con sotterfugi
e inganni. Il riconoscimento che la relazione è irrimediabilmente finita
conduce poi ad un periodo di depressione
con sentimenti di sconforto, abbattimento, delusione e in molti casi sensi
di colpa. Solo successivamente, in un periodo valutabile in alcuni mesi, si affievoliscono
le emozioni negative passando ad una fase di elaborazione di quanto è successo.
In questa fase si comincia ad intravedere la possibilità di cominciare un nuovo
corso di vita. Queste fasi rappresentano il normale processo di elaborazione
del lutto. Molte volte però per una serie di problematiche personali irrisolte
e preesistenti alla relazione, malessere e sofferenza vengono acuite e
protratte per tempi più lunghi. In alcuni casi si può restare legati ad una
delle fasi di elaborazione senza elaborare del tutto l’esperienza. Questa
condizione molto logorante può essere causata inoltre dal fatto che la
separazione fisica non coincide con quella psicologica: si può restare a vivere
fisicamente insieme, come ad esempio
nella condizione di “separati in casa”, pur non avendo voglia di condividere
niente con l’altro, mantenendo più o meno repressi sentimenti di risentimento e rancore verso il
partner, non favorendo il processo di separazione definitiva, restando come
congelati in una impasse emozionale.
Quando finisce un amore
La crisi della relazione amorosa e l' elaborazione della perdita
Le cause che determinano la fine
di un rapporto amoroso sono molteplici : difficoltà di comunicazione, scarsa
intimità, fiducia, impegno o rispetto venuti meno, insoddisfazione sessuale,
atteggiamenti di prevaricazione o di
violenza psicologica o fisica.
L’amore non è statico ma come
tutte le relazioni si modifica e si
trasforma nel tempo, come del resto noi
stessi cambiamo. I cambiamenti rispetto agli obiettivi di vita, al modo di
pensare, ai comportamenti sociali, il più delle volte non avvengono in modo
sincrono tra i partner e da ciò possono scaturire tensioni e conflitti nella
coppia che possono successivamente anche sfociare in una crisi della relazione.
Le crisi possono essere opportunità di
crescita o portare alla fine della relazione. Alcune volte si è
consapevoli delle cause che hanno determinato la crisi ma più spesso le
spiegazioni che si ricevono dal partner (o
che si danno) nel porre fine ad un rapporto,
sono spesso poco veritiere. A volte, la verità è evitata perché appare troppo
dura da reggere. Altre volte, la vera ragione non viene colta neanche da chi
chiude un rapporto, poiché la crisi trae origine da una serie di profonde
ed inconsce disfunzioni o carenze personali, come insicurezza o paura
dell’intimità. Qualunque sia la ragione
alla base di una crisi, il partner che ha deciso di terminare una relazione,
spesso può assumere una posizione irremovibile, nonostante l’altro possa
sforzarsi di mettere in atto cambiamenti o solamente dice di volerlo fare.
Anche quando il rapporto si estingue gradualmente nel tempo, attraverso una
serie di ricorrenti riconciliazioni e rotture, dopo la conclusione
definitiva chi è stato lasciato, può
ritrovarsi uno stato di grande sofferenza o di sconvolgimento emotivo. La
decisione di separarsi viene presa infine perché si spera così di ottenere una
qualità di vita migliore per sé, per il proprio partner e per i figli.
Le emozioni che si vivono quando
finisce un amore sono intense e travolgenti ma si differenziano a seconda che
la separazione avvenga all’inizio del rapporto o in una fase successiva. Nei
diversi casi mutano anche le possibilità e le opportunità di elaborare e
superare l’esperienza nel migliore dei modi.
Quando una relazione amorosa
termina già nelle prime fasi del rapporto, l’esperienza che si vive può essere
drammatica e devastante. Spesso essa genera una sofferenza di gran lunga
sproporzionata rispetto all'evento reale, con forte malessere e somatizzazioni.
Per tutta una serie di ragioni, quando si perde un amore che è appena cominciato
spesso ci si sente come se la stessa vita
stesse cadendo a pezzi e prevale la convinzione che non si potrà più
essere felici. Questa modalità di
reazione riguarda soprattutto giovani ed adolescenti.
Le persone che perdono l'amore
dopo diverso tempo dall’inizio del rapporto, anche dopo decenni, in un fase
adulta o anziana della propria vita, tendono a sperimentare la sofferenza della perdita in un modo sostanzialmente diverso
rispetto agli amori di gioventù (in cui il vissuto emozionale è molto intenso).
Ci si sofferma sulle cose o le persone
che si perdono assieme al partner: figli, casa o altri beni materiali, stili di
vita e amici comuni. Anche se la perdita di queste cose comporta egualmente
frustrazione e sofferenza, ciò che si prova non assume quella caratterizzazione
così drammatica, come nel primo caso. La
maggior parte delle persone diventa in grado di comprendere attraverso la sofferenza,
che la vita andrà avanti, che potranno di nuovo essere felici un giorno, come anche
le statistiche degli studi di psicologia sociale dimostrano. Quando si perde
l'amore alla fine della vita, il più delle volte a causa della morte del
coniuge o compagno di vita, il recupero tende ad essere altrettanto difficile
come quando si è adolescenti o giovani adulti, ma sostanzialmente per motivi
diversi. Pur non vivendo intense emozioni come quando si è più giovani,
l’esperienza della perdita del compagno in un anziano può essere devastante. Essa
mette al cospetto della possibilità
della propria fine, ravvicinandola
psicologicamente, allorquando anche
le condizioni fisiche e la fiducia in se stessi non sono come erano
una volta. Il proprio ambito di
interessi e di relazioni sociali spesso è
ridotto, e la convinzione che senza il compagno di vita possa diventare più difficile
recuperare può diventare pensiero dominante.
Il dolore che si vive alla fine di un amore
con la conseguente separazione è inevitabile, ma sia che si abbia sedici o
sessant’anni anni, ogni relazione che finisce può diventare possibilità per nuove sfide e nuove opportunità. Dalla crisi stessa, può
nascere l’occasione di scoprire aspetti di sé nuovi, sia negativi come
atteggiamenti limitanti o dannosi ma anche risorse e potenzialità inespresse.

Ci sono esperienze di vita che
segnano fortemente qualsiasi persona, in cui il dolore è inevitabile. Ma in
altre circostanze, possiamo noi stessi creare ostacoli, impedimenti e blocchi che
intensificano il dolore spesso inconsapevolmente. C’è un aforisma dell’antica
“psicologia” buddista che riconoscendo questa verità recita così: “Godi per quello che c’è da
godere e soffri per ciò che hai da soffrire”.
È tutto qui.
Se la sofferenza quando si perde
l’amore è inevitabile, forse un atteggiamento di maggiore autostima e di
autoprotezione può attenuare il dolore. Anche attraverso il contributo dell’esperienza
della psicoterapia, sappiamo che ci sono delle tappe necessarie da affrontare e
superare, per guarire completamente le ferite della perdita in amore. é
importante realizzare sempre la separazione psicologica, che è un processo
individuale, indipendente dalle motivazioni o comportamenti dell’altro partner.
E’ necessario inizialmente poter riconoscere ed esprimere i forti sentimenti e
le emozioni che emergono. È importante
esprimere con qualche persona amica o cari, la delusione, la rabbia, ed il
vissuto di fallimento che si stanno vivendo. Le emozioni quando sono portate
fuori, smettono di produrre i loro effetti negativi sul corpo e sulla mente. ( il
termine emozione deriva dal
latino emovere , portare fuori ). È solo così che si può successivamente
esprimere perdono verso se stessi ed accettazione di quanto accaduto. Tranne
pochi casi, la responsabilità di una relazione che finisce va condivisa.
Perdonare se stessi significa assumersi le proprie responsabilità, riconoscendo
i propri errori ed anche quelli dell’altro partner. Perdonando se stessi è
possibile forse comprendere le ragioni, assieme agli errori, anche dell’altro
partner per giungere al perdono
dell’altro. Questo consente di liberarsi dalle emozioni parassitarie (che persistono per molto tempo) del
risentimento e del rancore. È di aiuto poi poter fare una sintesi della propria
storia, andando alla ricerca delle motivazioni profonde della separazione.
Inizialmente ogni relazione nasce
come possibilità di arricchire e far crescere entrambi i partner. Dopo la
separazione è importante scoprire quali processi di crescita. avviati nella
relazione, si sono bloccati in seguito alla separazione . Facendo così si
possono riconoscere ed accettare quegli elementi e aspetti positivi, che
indipendentemente dal l’esito finale della relazione , si erano prodotti. Solo così è possibile riprendere
alla fine della fase di elaborazione, maggiore consapevolezza di sè e della nuova condizione, cominciando a programmare nuovi obiettivi per la propria vita futura.
il mio personale contributo all'ultimo incontro seminariale Il Bianco e Nero dell'Amore- Le Forme dell'Addio del 28/6/2014 presso l' Officina delle Idee ad Angri
Pasquale Rossi
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